Grammatica del genovese: I. Fonologia
Generalità
La fonologia è lo studio dei suoni di un linguaggio dal punto di vista della loro funzione nel sistema di comunicazione linguistica. Ogni lingua dispone di un proprio sistema fonologico.
Vocali
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Le vocali sono suoni per l’articolazione dei quali l’aria espirata non incontra ostacoli nel canale orale. I suoni, provocati dalla vibrazione delle corde vocali, si modificano all’interno della bocca in virtù di tre fattori:
il grado di apertura della bocca;
il punto di massimo restringimento;
sporgenza o arrotondamento delle labbra durante l’articolazione.
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In genovese i gradi di apertura della bocca sono quattro:
quello massimo comporta l’articolazione della vocale bassa [a];
il secondo grado comporta l’articolazione delle vocali [ɛ], [ɔ] dette mediobasse;
il terzo grado comporta l’emissione delle vocali [e], [ø], dette medioalte;
il grado minimo di apertura comporta l’emissione delle vocali [i], [u], [y], dette alte.
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Il punto di massimo restringimento della bocca è quello dove vengono articolate le vocali:
se la bocca non si restringe, si ha la vocale [a], perciò detta centrale;
se si restringe la parte posteriore si hanno le vocali [ɔ], [u], dette posteriori;
se si restringe la parte anteriore si hanno le vocali [ɛ], [e], [i], [ø], [y], dette appunto anteriori.
l’arrotondamento delle labbra riguarda soltanto le vocali [ɔ], [u], [ø], [y], che sono perciò dette arrotondate.
Quantità delle vocali
Per quantità (o durata) di una vocale si intende la durata di emissione del suono: le vocali lunghe hanno un suono doppio, o comunque più lungo, delle vocali brevi. Ogni vocale genovese può essere sia lunga che breve (vaggo [ˈvaɡˑu] ‘io vado’ / lago [ˈlaːɡu] ‘lago’, posso [ˈpusˑu] ‘pozzo’ / pôso [ˈpuːsu] ‘polso’, ecc.).
In genovese possono essere lunghe le vocali non accentate o atone (bäziña [baːˈziŋˑa] ‘fame’, erbo [ˈɛːrbu(ː)] ‘albero’), le vocali accentate sulla penultima e terzultima sillaba (sæximo [ˈsɛːʒimu] ‘buon senso’) e quelle accentate in fine di parola (cantâ [kaŋˈtaː] ‘cantare’); le vocali in sillaba aperta (cfr. I.12.) possono essere sia brevi che lunghe (fæto [ˈfɛːtu] ‘fatto’ / fatto [ˈfatˑu] ‘insipido’), quelle in sillaba chiusa sono in linea di massima brevi (ma non senza eccezioni: cfr. I.8.d., I.8.11.).
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La lunghezza delle vocali accentate (o toniche, cfr. I.15.) si presenta costantemente in alcuni casi:
in penultima sillaba aperta, davanti a [ɡ] (lago [ˈlaːɡu], [v] (scciavo [ˈʃtʃaːvu] ‘schiavo’), [r] (tæra [ˈtɛːra]), [ʒ] (caxo [ˈkaːʒu] ‘caso’); qualche eccezione riguarda [ɡ] (diggo [ˈdiɡˑu] ‘io dico’), mentre davanti a [z] l’allungamento è frequente ma non generalizzato (vaso [ˈvaːzu] ‘vaso’, ma mazzo [ˈmazˑu] ‘maggio’);
generalmente, in terzultima sillaba aperta, davanti a [v] (lavite [ˈlaːvite] ‘làvati’), e per lo più davanti a [z] (sposilo [ˈspuːzilu] ‘sposalo’), [ɡ] (paghime [ˈpaːɡime] ‘pagami’) e [ʒ] (mæximo [ˈmɛːʒimu] ‘medesimo’);
davanti a [a], [e], [i], [u] finali di parola: partia [parˈtiːa] ‘partita’, strie [ˈstriːe] ‘streghe’, dui [ˈdyːi] ‘duri’, scoo [ˈskuːu] ‘fradicio’.
in sillaba chiusa (cfr. I.12.), frequentemente davanti a [r]: erco [ˈɛːrku] ‘arco’.
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Le vocali toniche sono in genere brevi:
davanti a [r] nella terzultima sillaba aperta (cfr. I.12.): carrego [ˈkareɡu] ‘carico’ (però særilo [ˈsɛːrilu] ‘chiudilo’);
nelle terzultime sillabe chiuse, davanti a [ŋ] e [s]: vendilo [ˈveŋdilu / ˈvɛŋdilu] ‘vendilo’.
Sono quasi sempre brevi le vocali delle sillabe che seguono la vocale accentata (postoniche, cfr. I.15.).
In tutti gli altri casi si ha vocale breve o lunga in maniera non prevedibile (pansa [ˈpaŋsa] ‘pancia’ / bansa [ˈbaŋsa] ‘bilancia’, ecc). Possono essere sia brevi che lunghe le vocali toniche finali e le vocali delle sillabe protoniche (cfr. I.15.): coscì [kuˈʃi] ‘così’, dormî [durˈmiː] ‘dormire’, scösâ [skoːˈsaː] ‘grembiule’ / piccâ [piˈkaː] ‘battere’, cäsetta [kaːˈsetˑa] ‘cala’, cassetta [kaˈsetˑa] ‘mestolo’.
La sillaba
La sillaba è un elemento della parola formato da un suono o da un complesso di suoni raggruppati intorno a un centro di sonorità massima, costituito da una vocale. Il centro può essere preceduto da un «attacco» di una o più consonanti, ed essere seguito da una «coda» di una o due consonanti: è detta aperta la sillaba priva di coda, chiusa la sillaba dotata di una coda.
Semivocali e dittonghi
Nell’attacco e nella coda di una sillaba possono entrare suoni simili a vocali alte, molto brevi, che sono detti semivocali o semiconsonanti ([j], [w] e [ɥ]).
Si dice dittongo il gruppo formato da una vocale e una semivocale: è dittongo ascendente quello che inizia con la semivocale (quello [ˈkwelˑu] ‘quello’), discendente quello che inizia per vocale (beive [ˈbejve] ‘bere’). Se la vocale è preceduta e seguita da semivocale si ha un trittongo (poeivan [ˈpwejvaŋ] ‘potevano’). Si dice iato l’incontro di due suoni vocalici, che, come tali, non formano dittongo: coa [ˈkuːa] ‘coda’.
Vocale tonica
La vocale tonica è quella che porta l’accento principale della parola, ossia che viene pronunciata con maggiore energia; le altre vocali sono dette atone, e sono distinte in protoniche se si trovano prima della dell’accento, postoniche se si trovano dopo.
Posizione dell’accento
l’accento può cadere sull’ultima (mangiâ [maŋdʒaː] ‘mangiare’), sulla penultima (bagno [ˈbaɲˑu] ‘bagno’) o sulla terzultima sillaba (càrega [ˈkareɡa] ‘carica’), ed anche sulla quartultima in caso di combinazioni di forme verbali e pronomi enclitici (portighelo [ˈpɔːrtiɡelu] ‘portacelo’).
Accanto all’accento principale, esiste un accento secondario che, in genere, cade due sillabe prima del principale (paccialan [patʃaˈlaŋ] ‘bonaccione’) o su una vocale lunga atona (cösetta [kɔːˈsetˑa] ‘cosuccia’).
Si dicono «clitici» i monosillabi atoni che compaiono o posposti (enclitici) o preposti (proclitici) a una parola adiacente, e si appoggiano nella pronuncia a tale forma: dal punto di vista grammaticale hanno funzioni diverse, in quanto articoli, pronomi, preposizioni, avverbi, congiunzioni.
Inventario delle vocali
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Vocali toniche:
[a] vocale bassa centrale
[aː] vocale bassa centrale lunga
[ɛ] vocale mediobassa anteriore
[ɛː] vocale mediobassa anteriore lunga
[e] vocale medioalta anteriore
[eː] vocale medioalta anteriore lunga
[i] vocale alta anteriore
[iː] vocale alta anteriore lunga
[ɔ] vocale mediobassa posteriore arrotondata
[ɔː] vocale mediobassa posteriore arrotondata lunga
[ø] vocale media anteriore arrotondata
[øː] vocale media anteriore arrotondata lunga
[u] vocale alta posteriore arrotondata
[uː] vocale alta posteriore arrotondata lunga
[y] vocale alta anteriore arrotondata
[yː] vocale alta anteriore arrotondata lunga
La [ɔ] e la [ɔː], nella pronuncia individuale, sono spesso sostituite dalla corrispondente vocale medioalta [o], [oː].
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Vocali protoniche:
sono le stesse, ma la distinzione tra [ɛ] ed [e] è meno rilevante, e quindi per convenzione, nella loro rappresentazione, si adotta il simbolo ⟨e⟩; del pari, in posizione protonica, viene adottato il simbolo ⟨o⟩ per la resa della vocale mediobassa posteriore arrotondata.
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Vocali postoniche:
sono solo [a], [e], [i] e [u] e sono le stesse vocali che ricorrono in fine di parola. Solo in rarissimi casi le vocali finali possono essere lunghe: erbo [ˈɛːrbu(ː)] ‘albero’, semoo [ˈsemuː] ‘che formicola’, detto di un arto, çenie [ˈsenje / ˈseneː] ‘cenere’.
Il dittongo [ej]
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Il dittongo [ej] presenta la particolarità di comportarsi come una vocale. Infatti:
muta a seconda della posizione, pronunciandosi [ej] solo davanti alle consonanti che allungano la vocale (cfr. I.8.a.); davanti alle altre non compare, o meglio si trasforma in [e]: vinseivo [viŋˈsejvu] ‘vincevo’, ma vinsemmo [viŋˈsemˑu] ‘vinciamo’;
se è protonico, diventa in genere [e]: mi ceigo [mi ˈtʃejɡu], ma cegâ [tʃeˈɡaː] ‘piegare’.
Distribuzione e pronuncia delle vocali: particolarità
[ɛ] ed [e] toniche. In sillaba chiusa da [r] seguita da consonante compare solo [ɛ]: erco [ˈɛːrku] ‘arco’, verso [ˈvɛːrsu] ‘verso’; negli altri contesti compaiono entrambe in maniera imprevedibile: stella [ˈstelˑa] ‘stella’, bello [ˈbɛlˑu] ‘bello’, testa [ˈtesta] ‘testa’, festa [ˈfɛsta] ‘festa’.
[e] atona: in sillaba aperta, o chiusa da [s], la [e] protonica si pronuncia in genere decisamente chiusa (spegetti [speˈdʒetˑi] ‘occhiali’, despeto [desˈpeːtu] ‘dispetto’), anche quando ci siano due [e] protoniche in successione. Si pronuncia decisamente aperta in sillaba chiusa da [r]: vermetto [vɛrˈmetˑu] ‘vermiciattolo’.
La [e] postonica è in genere semiaperta.
[ɛː] tonica. È la lunga che corrisponde a [ɛ], ma in realtà è molto più aperta (in molti alfabeti fonetici è segnata [ä]). Compare ad esempio in sillaba aperta (dæto [ˈdɛːtu] ‘dato’), in sillaba chiusa da [r] (erco [ˈɛːrku] ‘arco’), in posizione finale (etæ [eˈtɛː]).
[o] e [ø]. Le vocali arrotondate [o] e [ø] non compaiono mai in sillaba chiusa da [ŋ].
Alternanze vocaliche
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Nelle parole che sono unite da una relazione morfologica (voci dello stesso verbo, voci derivate, ecc.), le vocali possono subire dei mutamenti a seconda che siano toniche o atone (cfr. ad es. XI.70.a.); il passaggio dalla posizione tonica a quella atona genera infatti una riduzione del grado di apertura:
[ɛ] tonica diventa [e] atona: bello [ˈbɛlˑu] ‘bello’ / bellessa [beˈlesˑa] ‘neo’;
[ej] diventa [e] neive [ˈnejve] ‘neve’ / nevâ [neˈvaː] ‘nevicare’;
[ɔ] diventa [u] mi còllo [mi ˈkɔlˑu] ‘io inghiotto’ / collâ [kuˈlaː] ‘inghiottire’, però si conserva in principio di parola: òmmo [ˈɔmˑu] ‘uomo’ / ommetto [ɔmetˑu] ‘ometto’;
[ø] diventa [y] (ceuve [ˈtʃøːve] ‘piove’ / ciuveiva [tʃyˈvejva] ‘pioveva’), oppure [u] mi meuo [mi møːu] ‘io muoio’ / moî [ˈmwiː]), ma può conservarsi in principio di parola (euggio [ˈødʒˑu] ‘occhio’ / euggiâ [ˈødʒaː] ‘occhiata’);
le vocali lunghe rimangono in genere inalterate, ma quando la lunghezza è data semplicemente dalla posizione davanti a [ɡ], [j], [ʒ], [n], [z], [r] possono diventare brevi: baxo [ˈbaːʒu] ‘bacio’ / baxâ [baˈʒaː] ‘baciare’.
Incontri di vocali
Danno spesso luogo alla formazione di dittonghi o alla contrazione tra le vocali stesse.
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La formazione di un dittongo avviene ad esempio per l’incontro di due pronomi o di una preposizione con l’articolo, ma anche, nella catena parlata, per l’incontro della vocale finale di qualsiasi sostantivo con l’iniziale seguente. Ecco i casi più frequenti:
[a] + [a] diventano [aː]: a-a pòrta [aː "pɔ:rta] ‘alla porta’;
[a] + [u] formano il dittongo [aw], che viene più spesso pronunciato
[ɔw]: a-o scùo [ɔw ˈskyːu] ‘al buio’;
[e] + [a] diventano [aː] o [ja]: te â daggo [ˈt aː ˈdaɡˑu / ˈtj aː ˈdaɡˑu] ‘te la do’;
[e] + [e] diventano [eː]: ghe ê metto [ˈɡeː ˈmetˑu] ‘gliele metto’;
[e] + [i] diventano [ej], talvolta pronunciato [aj]: ve î lascio [ˈve j ˈlaʃˑu / ˈva j ˈlaʃˑu] ‘ve li lascio’;
[e] + [u] diventano [ew], più spesso pronunciato [ɔw], [uː]: te ô scrivo
[ˈte w ˈskriːvu / ˈtɔ w ˈskriːvu / ˈt uː ˈskriːvu] ‘te lo scrivo’;
[i] + [i] diventano [iː]: ti î mandi [ˈtiː ˈmaŋdi] ‘li mandi’;
[u] + [u] diventano [uː]: co-o can [kuː ˈkaŋ] ‘col cane’;
Davanti a vocale e nelle preposizioni articolate l’articolo determinativo femminile plurale e [e] ‘le’ può trasformarsi nella semivocale [j]: e euve [j ˈøːve] ‘le uova’, co-e dònne [kuj ˈdɔnˑe] ‘con le donne’.
Elisione
L’elisione di una vocale tonica si ha solo raramente con verbi ausiliari, in casi come o se n’è andæto [u se naŋˈdɛːtu] ‘se n’è andato’, o no gh’à ‘osciùo andâ [u nu gɔːˈʃyːu aŋˈdaː] ‘non ha voluto andarci’.
I clitici, esclusi i pronomi personali, se terminano in vocale possono eliderla davanti ad altra vocale: st’anno [st ˈanˑu] ‘quest’anno’; fanno eccezione quelli formati dalla sola vocale, che nel caso di ⟨i⟩ [i] articolo determinativo diventa però semivocale: i anni [j ˈanˑi] ‘gli anni’.
Davanti a un clitico può elidersi anche la vocale finale di una parola tonica cös’o l’é? [ˈkɔːs u l ˈe] ‘che cos’è?’.
Può elidersi la vocale finale di un aggettivo o di una proposizione davanti a un sostantivo: quell’atro [kwel ˈaːtru] ‘quell’altro’.
Può elidersi la vocale iniziale di un articolo indeterminativo che segue a sua yolta una parola che termina per vocale (o l’é ‘n bello figgeu [u l ˈe ŋ ˈbɛlˑu fiˈdʒøː] ‘è un bel ragazzo’. La prima vocale dell’articolo indeterminativo femminile può cadere anche in principio di frase: ‘na canson [na kaŋˈsuŋ].
Consonanti
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Si dicono consonanti quei suoni nella cui articolazione l’aria espirata incontra un ostacolo, dato dal restringimento degli organi vocali. A seconda del grado di restringimento si distinguono:
consonanti occlusive, la cui articolazione consiste in una occlusione del canale vocale seguita da una brusca apertura;
consonanti fricative (o costrittive), la cui articolazione comporta una ostruzione non completa del canale vocale, in modo che l’aria, passandovi attraverso, vi generi un fruscio;
consonanti affricate, la cui articolazione è caratterizzata da un occlusione immediatamente seguita da un’apertura parziale, di modo che il processo articolatorio, iniziato in forma occlusiva, si sviluppa poi in una fase fricativa;
consonanti vibranti, la cui articolazione comporta l’entrata in vibrazione di un articolatore (ad esempio la lingua) durante il passaggio dell’aria;
consonanti laterali, per la cui articolazione il contatto fra la lingua e il palato avviene soltanto al centro del canale orale, mentre l’aria fuoriesce liberamente da un lato o dai due lati.
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Si dice punto di articolazione il luogo in cui gli organi vocali si restringono ed entrano eventualmente in contatto. Si distinguono così:
consonanti bilabiali, articolate per mezzo del labbro inferiore e di quello superiore;
labiodentali, la cui articolazione comporta un avvicinamento o un contatto del labbro inferiore con gli incisivi superiori;
dentali, nella cui articolazione la punta della lingua batte contro i denti;
alveolari, nella cui articolazione la punta della lingua batte contro gli alveoli dei denti incisivi superiori;
palatali, nella cui articolazione il dorso della lingua batte contro il palato duro;
alveopalatali, non sempre distinguibili dalle precedenti, in cui il dorso della lingua batte leggermente più avanti;
velari, nella cui articolazione il dorso della lingua batte contro il palato molle o velo pendulo.
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Si distinguono ancora consonanti
sonore, la cui articolazione è accompagnata da vibrazioni delle corde vocali: vibranti e laterali sono sempre sorde;
sorde, la cui articolazione è priva di vibrazioni delle corde vocali;
nasali, caratterizzate dalla risonanza dell’aria nelle fosse nasali grazie all’abbassamento dell’ugola: tutte le nasali sono occlusive sonore
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Consonanti genovesi
[p] occlusiva bilabiale sorda
[b] occlusiva bilabiale sonora
[t] occlusiva dentale sorda
[d] occlusiva dentale sonora
[k] occlusiva velare sorda
[ɡ] occlusiva velare sonora
[f] fricativa labiodentale sorda
[v] fricativa labiodentale sonora
[s] fricativa alveolare sorda
[z] fricativa alveolare sonora
[ʃ] fricativa (alveo)palatale sorda
[ʒ] fricativa (alveo)palatale sonora
[tʃ] affricata (alveo)palatale sorda
[dʒ] affricata (alveo)palatale sonora
[m] occlusiva nasale bilabiale
[n] occlusiva nasale alveolare
[ɲ] occlusiva nasale palatale
[ŋ] occlusiva nasale velare
[r] vibrante apicale
[l] laterale alveolare
Osservazioni
Davanti a consonante sorda si ha sempre [s] (streito [ˈstrejtu] ‘stretto’), davanti a consonante sonora sempre [z] (asbrivâ [azbriˈvaː] ‘gettare’: nella pronuncia enfatica, tendono a pronunciarsi come palatali, ossia come [ʃ] e [ʒ]; è sempre palatale la pronuncia della ⟨s⟩ davanti a [tʃ]: scciuppâ [ʃtʃyˈpaː] ‘scoppiare’.
[ŋ] è l’unica consonante che compaia in fine di parola (savon [saˈvuŋ] ‘sapone’), ed è l’unica nasale che compaia davanti a altra consonante (vende ["veŋde / "vɛŋde] ‘vendere’, campagna [kaŋˈpaɲˑa] ‘campagna’, gianco [ˈdʒaŋku] ‘bianco’); è presente anche tra vocali (laña [ˈlaŋˑa] ‘lana’).
La [r] è detta vibrante apicale in quanto pronunciata con l’apice della lingua, ed è leggermente meno vibrante di quella italiana.
Presso molti parlanti la [l] ha una leggera sfumatura palatale.