Conseggio pe-o patrimònio linguistico ligure

Conseggio ligure

Antologia della letteratura ligure

A cura di Alessandro Guasoni

Il Conseggio mette a disposizione degli utenti un’antologia della letteratura in lingua ligure, realizzata da Alessandro Guasoni su nostra commissione.

Il lettore potrà farsi un’idea della progressiva evoluzione della letteratura genovese e ligure nel corso dei secoli, sia dal punto di vista linguistico, sia da quello dei contenuti: dalla poesia epico-civile dell’Anonimo o di Foglietta, all’ispirazione barocca e gongorista di Cavalli, dalla poesia comica di Piaggio, alla lirica di stampo paesaggistico-intimista di Firpo, tutte le tendenze sono presentate, definendo l’immagine di una letteratura complessa e ancora oggi di piacevole lettura.

L’opera è distribuita con la licenza libera CC BY-ND 4.0. Gli estratti sono di proprietà dei rispettivi autori e sono pubblicati a scopo didattico e di critica letteraria, senza fini di lucro.

In molti casi sono presenti i file audio dei brani antologizzati; si rende noto che, per quanto riguarda i testi più antichi, fino al XVIII secolo, si udrà una pronuncia del genovese assai diversa da quella attuale, poiché si è tentato di riprodurre il più fedelmente possibile la lingua parlata all’epoca, e l’effetto che ne risulta potrà sembrare insolito.
Si fa presente che i testi in genovese riportati, a partire dal XIX secolo, sono stati uniformati alla grafia tradizionale, secondo i criteri definiti nel 2015 per Parlo Ciæo, la pagina domenicale del quotidiano Il Secolo XIX, mentre i testi dei secoli precedenti e nelle diverse varianti di ligure, sono stati lasciati nelle grafie originarie.

XII–XIII secolo

Nei secoli dodicesimo e tredicesimo gli scritti letterari, così come quelli d’uso ufficiale, sono ancora tutti in latino, che a quei tempi era la lingua delle persone colte. In latino sono gli Annali del Caffaro, con il resoconto di come fu sventata la minaccia di Federico Barbarossa; è in latino la Chronica civitatis ianuensis di Iacopo da Varagine, che ci riporta alle vittorie della Meloria (1284) contro i Pisani e de laiazzo (1294), contro i Veneziani; e così dello stesso Iacopo, la Legenda aurea, con le sue vite di santi, spesso meravigliose e folte di prodigi. Sono importanti, poi, i poeti d’espressione provenzale: come in altri luoghi d’Italia, la seconda lingua di cultura dopo il latino, a Genova è quella dei trovatori; tra i quali ricordiamo, poiché nati a Genova, Lanfranco Cigala, Bonifacio Calvo, Luchetto Gattilusio; e verso la fine del secolo XII è proprio un provenzale, Raimbaut de Vaqueiras, ad usare per primo il genovese in un contesto letterario – ma per scherzo – nel suo Contrasto con la donna genovese. Del 1259 è la prima iscrizione in genovese su di una pietra tombale, mentre è da far risalire al 1269 un Canto di Crociata, che è la prima testimonianza di un uso letterario autonomo. Il volgare genovese si afferma pienamente solo con l’opera dell’Anonimo genovese, vissuto tra la fine del XIII e l’inizio di quello seguente, il primo dei nostri poeti, animato da una grande passione politica e civile, oltre che religiosa.

XIV–XV secolo

Nei secoli quattordicesimo e quindicesimo, sebbene siano tempi di lotte intestine e di soggezione alle dominazioni straniere, alla Francia o a Milano, il genovese è sempre più usato nelle scritture private e nei documenti ufficiali, mentre cresce e si diffonde anche una produzione di testi a tema religioso, per lo più tradotti dal francese, o dal latino per tramire del francese, come le Questioim de Boecio, che sono una versione genovese del De consolatione philosophiae, dalla traduzione francese di Jean de Meung. Si diffonde anche una produzione laudistica, basata su modelli centro-italiani, a volte con qualche caratteristica autonoma e annoveriamo in questa letteratura morale-didascalica il tratao de li VII pecai mortali di Gerolamo da Bavari; fra questi scritti agiografici ricordiamo anche quelli di Luca Paterio, e altri anonimi come l’autore dell’Istoria de lo complimento de lo mondo e Croniche e overe de papi e imperaoi, dove tra l’altro troviamo le storie del mago Merlino e di Re Artù, adattamento dalla «materia di Bretagna» e la vita di Carlo Magno, ciò che è arrivato fra noi del «ciclo carolingio». Tra le vite dei santi spiccano i Miraculi de la biâ vergem sancta Maria, dove l’autore anonimo inserisce digressioni narrative che sfociano a volte nel racconto del mistero e dell’orrore. Degno di nota il De Barllam et Jossaffà, versione cristianizzata della vita del Buddha e tra gli altri trattati agiografici e morali si rammenta Lo libero de frai Gillio, traduzione dei Dicta Beati Aegidii, attribuito ad un compagno di S. Francesco e la Via de lo Paraiso con i consigli alle donne per essere delle brave mogli. Appare il primo autore savonese di cui si abbia notizia: Alerame Traversagni, con la sua volgarizzazione della Legenda de Sancta Elizabeth del 1455. In genovese è la lettera e relazione di Biagio Assereto sulla battaglia di Ponza (1435), quando Genova era sottoposta alla signoria milanese. Nella seconda metà del ’400 gli scritti genovesi mostrano una progressiva decadenza della lingua, gradualmente insidiata dai progressi di un italiano locale, sempre più toscanizzante, a causa della sempre maggiore fama della letteratura italiana. Nel 1473 fa la sua apparizione il primo calendario in genovese, intitolato La raxone de la Pasca, che è altresì il primo testo a stampa pubblicato in Liguria.

XVI secolo

Il sedicesimo secolo è quello dominato politicamente dalla figura di Andrea Doria, e letterariamente dalla «riforma» del Foglietta, contro la toscanizzazione ormai prevalente, che si può osservare in varie canzoni a sostegno ora di una signoria, ora di un’altra, mentre la Liguria passa di mano da una potenza all’altra, con conseguenti rivolte, massacri e invasioni, come nella Opera e lamento de Zena che tracta de la guerra et del saccho dato per gli Spagnoli (1522). Dal rimescolo di carte uscirà vincente il Doria, con la sua astuta tattica di alleanze e la sua riforma dello Stato, mentre in letteratura il Foglietta restaura una lingua moderatamente arcaizzante, che vuole restituire al genovese una sua relativa autonomia ed assume perciò una valenza politica. I poeti in genovese del Cinquecento degni di nota ci sono stati tramandati per mezzo della raccolta Rime diverse in lengua zeneize, più volte ristampata, nel corso del secolo, e dopo il Foglietta, poeta sia lirico sia d’ispirazione sociale e politica, vengono Barnaba Cigala Casero, Benedetto Schenone e un poeta d’identità incerta, tutti in varia misura petrarchisti, ma il Cigala fu anche l’iniziatore dell’usanza degli encomi in versi per l’elezione dei Dogi. Si rammentano anche Vincenzo Dartona, traduttore del primo canto del Furioso e Bernardo Castelletto. In fatto di prosa, di fronte all’avanzata del Toscano, continuano certi usi ufficiali, come i discorsi del Doge Matteo Senarega, in occasione della fine del suo mandato e per salutare il principe Gio. Andrea Doria, al suo ritorno con la flotta.

XVII secolo

Quello che è stato chiamato «siglo de los genoveses» a causa delle enormi ricchezze accumulate dalle famiglie patrizie e delle splendore dei palazzi, vede nella letteratura ligure il trionfo del barocco e del concettismo; i nomi da ricordare sono Giuliano Rossi, Pantaleo Grimaldi Murassana, Gio. Francesco Baffico, Fulgenzio Baldani, Pier Giuseppe Giustiniani e altri, ma soprattutto Gian Giacomo Cavalli, che acclimatò in Liguria le contemporanee esperienze europee del culteranesimo, con un padrino d’eccezione nelle alte sfere della letteratura italiana, il savonese Gabriello Chiabrera. Il teatro conosce nella Genova del Seicento un grande sviluppo; dall’incontro del mondo della Commedia dell’Arte con quello del teatro accademico nascono dei copioni in genovese, o con parti in genovese, e si parla perciò di commedie plurilingui. La difficoltà di comprensione e la scarsa popolarità del tipo ligure rendevano però necessario tradurre le parti in genovese, o sopprimerle, quando gli attori lavoravano fuori dalla Liguria. Tra questi autori di teatro, ricordiamo Anton Giulio Brignole Sale, Francesco Maria Marini, Giovanni Andrea Spinola, Pier Giovanni Capriata, Giovanni Agostino Pollinari. Nella seconda metà del secolo inizia una lenta decadenza politico/economica; tra complotti piemontesi per impadronirsi della Repubblica, l’accresciuta influenza della Francia ed altri fattori, dell’indipendenza e della cultura genovesi resta sempre meno; l’opera di Carlo Andrea Castagnola, in cui si tratta del bombardamento di Genova da parte della flotta francese e dell’orgoglioso stoicismo della città nel subirlo, costituisce una momentanea ripresa di temi patriottici e civili. In Riviera appaiono i primi poeti in ligure, benché con intenti solamente burleschi, Stefano Rossi di Taggia e Paolo Agostino Orengo di Ventimiglia.

XVIII secolo

Ai fatti del 1746 segue una forte ripresa della poesia civile e patriottica, con una buona parte dell’opera di Stefano De Franchi che è dedicata alla sollevazione contro gli austriaci e al gesto di Balilla; altri autori degni di nota che hanno trattato l’argomento furono i verseggiatori anonimi del Trionfo dro popolo zeneise e della Libeaçion de Zena; e soprattutto Gaetano Gallino, con la sua Cadeña Zeneise. Nel frattempo, fin da inizio secolo, avevano iniziato a fare la loro comparsa nelle Riviere e nell’entroterra alcuni poeti che si esprimono nelle parlate locali, come Luca Maria Capponi di Triora, Gian Lorenzo Federico Gavotti del Sassello, Luciano Rossi di Campoligure. Il settecento è anche il secolo della traduzione in genovese della Gerusalemme Liberata del Tasso, un’operazione condotta a termine da un pool di letterati, diretti dal De Franchi. Altri poeti degni di nota, dopo il De Franchi, sono Ambrogio Conti ed altri anonimi, raccolti in un manoscritto conservato nella biblioteca della Società Economica di Chiavari, il Canto Unico, oppure in fogli volanti che frequentemente celebrano fatti di cronaca, come le vittorie della marineria ligure, sul tipo della poesia di Toralbo Armonico sul capitano Maglione. Con l’arrivo di Napoleone e la fine della Repubblica Oligarchica, appaiono dei poeti popolari, o presunti tali, che, sotto pseudonimi, cantano le lodi del nuovo corso politico; Ricordiamo il «Cittadino Piceda» e «Baciccia Degradao», un Antonio Durazzo immagina un Dialogo tra due patrizi, imprigionati provvisoriamente nella Sala del Minor consiglio, i quali ancora non riescono a rendersi conto che il loro potere è finito. Il poeta Antonio Pescetto, invece, genovese ma vissuto a Savona, dopo aver cantato la nobiltà cittadina, si dedicherà, dopo la Rivoluzione, a celebrare la Repubblica Democratica e le feste patriottiche, salvo poi, con l’annessione al Piemonte, cantare le lodi del Governatore savoiardo.

XIX secolo

È il secolo dell’annessione al Piemonte, dopo il Congresso di Vienna (1815), non troppo gradita ai Liguri, e poi del Risorgimento italiano; inizia con l’opera di Martino Piaggio, il celebre autore del Lunario del Signor Regina, moderato e prudentissimo cantore della borghesia, che non manca però di un poco di satira sociale e di una ingenua fiducia nel progresso. Perduta l’autonomia politica, la letteratura genovese decade a poco a poco verso il folclorismo, la poesia comica, un populismo di maniera, con momentanei ritorni verso la tradizione seria. Nel 1835, ignoti nemici dell’assolutismo monarchico, recuperano una parodia teatrale dal Metastasio, Achille in Sciro, già rappresentata alla fine del secolo precedente contro l’oligarchia, e opportunamente attualizzata. Tra gli autori di lunari, da ricordare Stefano Parodi, ancor più reazionario del Piaggio; mentre tra i continuatori dell’almanacco reginiano, ma di idee liberali, c’è Giovanni Casaccia, compilatore altresì di un famoso vocabolario genovese-italiano; Luigi Doria, Luigi Domenico Farina, Giambattista Vigo, Andrea Pollano. Un altro autore di almanacchi degno di nota è il prete liberale Luigi Pedevilla, che molti anni porta avanti il Lunaio do Sciô Tocca. Tra gli autori di teatro si ricordano Federico Alizeri e Luigi Persoglio. Anche Savona conosce il fenomeno della pubblicistica lunaristica con O Canocciale de Savoña e O microscopio e telescopio: tra i suoi poeti: Francesco Rocchino, Francesco Pizzorno, Andrea Rocca, Agostino Bruno, Filippo Noberasco padre e figlio, Francesco Marengo. Tra gli autori di stampo risorgimentale, ricordiamo poi a Genova Luigi Stallo, che nel 1853 scrive una Vixon d’un emigrou italian (visione d’un emigrato italiano), ardente di spirito patriottico e mazziniano; tra i poeti comici che si ritrovano sulle colonne della rivista O Successo, invece, ricordiamo Pietro Galliano e Aurelio Capponi. Nella seconda metà del secolo, si sviluppa anche una vasta produzione di prosa giornalistica, e su periodici come O Balilla e O Stafî trovano spazio inchieste e resoconti, romanzi storici come altri ispirati all’attualità, opere di Edoardo Michele Chiozza e Giuseppe Poggi. Il poeta considerato comunemente il più rappresentativo del secondo Ottocento è però Nicolò Bacigalupo, con cui la letteratura in genovese vira decisamente verso il comico e la parodia, nell’accettazione del suo ruolo subordinato alla letteratura italiana, anche in ambito teatrale: Bacigalupo è infatti l’autore delle prime e più famose commedie di Govi.

XX secolo

Nel secolo XX si riscontra una produzione di poesia in ligure addirittura esagerata. Nel miscuglio di usanze, persone e mentalità dovuto alle due guerre mondiali, lo sviluppo imprevedibile dei mezzi di comunicazione e di trasporto, l’espansione dei commerci e dell’economia su scala globale, le parlate e le lingue locali come il ligure regrediscono come mai in precedenza, tanto da provocare in molti una sindrome da cultura in pericolo e causare così per reazione una ripresa, sia degli studi filologici sull’argomento, sia della produzione in prosa e in poesia. Tra gli autori novecentisti, ma ancora legati per tanti aspetti all’Ottocento, bisogna ricordare Carlo Malinverni, Federico Gazzo, Alessandro Monti; continua la produzione comica e bozzettistica con Aldo Acquarone, Giambattista Rapallo (Baciccia); in una via di mezzo il tipografo anarchico savonese Giuseppe Cava, i genovesi Ettore Chiappe, Augusto Tessada, Filippo Angelo Castello, Marino Merello, Nora Massa; verso un parziale rinnovamente Italo Mario Angeloni, Francesco Puppo, Alfredo Gismondi, Carlo Domingo Adamoli, Alberto Boccaleone, Pietro Lombardo e G. B. Costa, Luigi Poggi; nel 1930 il giornalista Arturo Salucci pubblica un’antologia tutta di sonetti in genovese, dove si possono trovare tracce della produzione di autori peraltro sconosciuti, a volte interessanti. Autori legati, per un verso o per l’altro, al teatro goviano sono stati Emerico Valentinetti, Ugo Palmerini, Sabatino Lopez; mentre altri vi rimasero estranei, come Emilio Del Maestro, Luigi Anselmi, Oliviero Olivari, Emilio Tixi, Norberto Sopranzi. Un singolare esperimento è quello dell’opera lirica Scheuggio Campaña, per i versi di Aldo Martinelli, Emanuele Canesi e Giovanni Monleone. Il poeta più significativo della prima metà del Novecento rimane Edoardo Firpo, benché il suo primato sia a volte messo in discussione. Nel frattempo, la produzione nelle altre parlate liguri ha conosciuto una certa espansione, con le opere di Filippo Rostan, ventemigliese, Luigi Notari, monegasco, Marcel Firpo, mentonasco, Gin De Stefani e Vincenzo Jacono, sanremesi, tutti presentati sulle pagine della rivista neofelibrista A Barma Grande. Tra gli spezzini bisogna nominare Ubaldo Mazzini, tra i poeti dell’Oltregiogo Ettore Zunino e Angelo Daglio, tra gli alassini Ettore Morteo, a Ovada Colombo Gajone. Nel secondo dopoguerra, a una ripresa di tematiche civili, testimoniata dai libretti relativi al concorso Lauro d’Oro, si aggiunge il movimento di imitatori del Firpo, portati a pensare che l’unico poeta lirico della poesia genovese fosse lui e qualcuno ha avuto anche esiti interessanti, quasi superiori a quelli del maestro, come Sandro Patrone e Vito Elio Petrucci; sulla stessa linea Roberto Della Vedova, Antonio Canepa, Flora Mancini, Luigi Cornetto. Altri poeti lirici, estranei alla linea firpiana, sono stati Guido Nilsen, Silvio Opisso, Rita Cuneo, la savonese Rosita Del Buono, Mario Lertora, Piero Bozzo. Negli anni settanta, con il maggiore interesse a livello nazionale per le letterature in «dialetto», anche in Liguria si può osservare un fiorire di poeti di varia ispirazione, come Giuliano Balestreri, Sergio Sileri, Angelo De Ferrari, Ernesto Pisani, Emma Midolo, Jean Aicardi, Pia Bandini, Giovanni Ghione, Giorgio Grassi, Rodolfo Badarello, Mario Accornero, Armando Giorgi, Luciano Caprile; tra i più significativi nomi, usciti tra gli anni ‘60 e ‘80, Plinio Guidoni, attivo anche come drammaturgo, e Roberto Giannoni, tutti e due impegnati in una profonda trasformazione della letteratura in genovese e conosciuti a livello nazionale. In fatto di poesia rivierasca, da ricordare Cesare Vivaldi, di Imperia, partito dal neorealismo del secondo dopoguerra per arrivare alla liricità dei tempi odierni; Giuseppe Cassinelli di Dolcedo, Pietro Baccino di Giusvalla, Renzo Villa, Andrea Capano e Dionisio Bono di Ventimiglia, Franco D’Imporzano di Sanremo, Eugenio Giovando, Eugenio Lubrano e Renzo Fregoso de la Spezia, Paolo Bertolani della Serra di Lerici, Livio Gianolla di Arcola, Bruno Rombi di Calasetta, Maria Pia Viale di Vallebona, Natalino Trincheri, Carlo Costa di Chiavari. Anche la prosa ha conosciuto un certo sviluppo, a partire dai racconti e aneddoti di Guido Pastor di Buggio, fino ai racconti e le fiabe sestresi di Elsa Pastorino Alloisio, agli altri aneddoti a tema quotidiano raccolti da Maria Terrile Vietz. Il teatro ha avuto i suoi autori, rivelati dal premio Anna Caroli, tra i quali spicca il già nominato Plinio Guidoni, e altri come Enrico Scaravelli, Gianni Poli, Enrico Berio.

XXI secolo

Il nuovo secolo si è già consumato per un quarto ed è iniziato con la sparizione di alcuni dei nomi più significativi del secolo precedente, come Petrucci, Patrone, Giannoni. Altri autori, che erano emersi poco dopo, hanno portato alle estreme conseguenze le premesse della loro poetica, e sono stati Fiorenzo Toso, Alessandro Guasoni, Daniele D. Caviglia; in questi ultimi anni hanno trovato un loro spazio anche Bruna Pedemonte, Andreina Solari, Danila Olivieri, Anselmo Roveda, Enrica Arvigo, il cantante reggae e «poeta di strada» Marco Carbone, Maria Pia Viale di Vallebona. La diffusione delle tecniche informatiche ha visto anche la nascita di tentativi ed esperimenti per favorire la conoscenza della lingua ligure sul web, ma la sempre più forte diminuzione della pratica viva della lingua ha condotto a dubbi, discussioni e dispute su questioni di lessico e di grafia, che un tempo non sarebbero state immaginabili, ma che in ogni modo testimoniano la sopravvivenza di un certo interesse da parte del pubblico per queste tematiche. Una ripresa di interesse è testimoniata anche dai tentativi di diffondere una pubblicistica in prosa, come quella della pagina del Secolo XIX, Parlo Ciæo diretta da Andrea Acquarone e quella della sua rivista O Stafî, che si ispirava ai periodici in genovese del secondo Ottocento.

Bibliografia essenziale

La prima antologia di poeti liguri è quella stessa che ci ha tramandate le opere degli autori del Cinquecento: Rime diverse in lingua genovese (Bartoli, Pavia, 1583), più volte ristampata fino ai primi del secolo successivo.

Un’altra antologia, più piccola, correda l’edizione 1745 de A Cittara Zeneise del Cavalli (Franchelli, Genova).

Per trovare un’altra antologia della letteratura ligure bisogna arrivare a quella di C. Randaccio, Dell’idioma e della letteratura genovese (Forzani, Roma, 1894).

Subito dopo, viene F. Donaver, Antologia della poesia dialettale genovese (Libreria Editrice Moderna, Genova, 1910).

Nel 1930 esce di A. Salucci, Çento sunetti zeneixi (Libreria Editrice Moderna), un’antologia riservata, come da titolo, al sonetto; lo stesso anno, esce a cura di F. Noberasco e I. Scovazzi, O Cicciollâ – Antologia dialettale savonese, (Lodola, Savona).

Tra il 1950 e il 1951 esce una serie di articoli di E. Firpo sul quotidiano L’Unità, poi raccolta in volume con il titolo La poesia dialettale genovese (S. Marco dei Giustiniani, Genova, 1981).

Nel 1960 è la volta di M. Boselli, La poesia ligure dalle origini a Edoardo Firpo (Di Stefano, Genova).

Nel 1963 esce a cura di R. Del Buono Boero, A. Barile e I. Scovazzi, Priamâ – Antologia della poesia dialettale savonese (A Campanassa, Savona).

Tra il 1986 e il 1989 uscirono quattro tomi dell’antologia Semmo gente de Liguria, a cura di M. Delpino, (Edizioni Tigullio–Bacherontius, S. Margherita Ligure).

Da lì a poco, esce la completissima Letteratura genovese e ligure di F. Toso (Marietti, Genova, 1989–1991), in sei volumi, e poi ristampata, con modifiche, nel 2000 e nel 2010, per le edizioni Le Mani (Genova–Recco); contemporaneamente, lo stesso autore pubblica una sintesi storica della letteratura in ligure dal titolo Profilo storico della letteratura ligure sul bollettino dell’associazione «A Compagna».

Nel 1997 escono i Saggi sulla letteratura genovese di P. Guidoni, a cura di L. Coveri, F. Toso, R. Trovato (A Compagna, Genova), raccolta di saggi e articoli già pubblicati dall’autore in varie occasioni.

Nel 1999, esce Emigranti do rie, un’antologia di poeti in ligure del Novecento, a cura di F. Toso, presso le edizioni «In forma di parola» (Bologna), quale n. II, anno XIX della rivista In forma di parola.

Nel 2019, esce Poeti in ligure tra Novecento e Duemila, a cura di A. Guasoni (Edizioni Cofine, Roma).

Nel 2021 esce Il genovese poetico attraverso i secoli di E. Autelli (Lang, Berlino).

Nel 2024 S. Lusito pubblica Anthologie de la littérature et de l’usage écrit du monégasque (EGC Monaco), con una prefazione di S.A.S. il principe Alberto II di Monaco.