Conseggio pe-o patrimònio linguistico ligure

Conseggio ligure

Radici della lingua ligure

Presentazione a cura di Alessandro Guasoni

Della lingua ligure prima della conquista romana si sa poco o niente, quel poco lo si suppone dalla toponomastica – come la famosa desinenza in -asko/a di molti nomi di luogo, che starebbe a significare «casa» – e da qualche rara testimonianza di autori classici, come saliunka, «specie di valeriana», e sigynnai, «mercanti». Nemmeno si può desumere molto dalle scritte – in caratteri derivati dall’etrusco – sulle statue-stele della Lunigiana, a parte qualche nome come, su di una di queste, la parola «Mezunemushus», al cui proposito sono state fatte molte ipotesi.

Invece, il primo documento dove si può notare la presenza di termini in volgare ligure, in un contesto latino, è il Testamento di Raimondo Pictenado del 1156, seguito dopo qualche anno dalla Dichiarazione di Paxia (1178-82) a Savona, due elenchi di oggetti in cui si riconoscono, sotto la forma latinizzante, i nomi liguri originari. Già a quei tempi si possono osservare le caratteristiche di una grafia che sono continuate fino ad oggi; «x» per fricativa palatale sonora: rexentar mod. «ruxentâ», «ç» per la affricata palatale sorda: lençoles mod. «lençeu» e altre simili.

In seguito, bisogna attendere il 1269 per avere la prima attestazione di antico genovese in uno scritto pubblico, sulla lapide tombale dei due fratelli Simonetta e Percivalle Lercari, trovata nel 1873 a S. Giovanni di Pré, che adesso è possibile vedere nel Museo di S. Agostino, e che dice:

† M°cc°1°viiii ad dies xvi
agusti ante te
rcia transieru
nt de hoc seculo domin
a Simoneta et Pre
civarius Lercarius eius
frater que anime in pace re
quiescant ante Deun amen.
Tu qi qui ne trovi, per De no ne movi

Traduzione italiana

Addì 16 agosto 1269 prima dell’ora terza lasciarono questo mondo la signora Simonetta e suo fratello Percivalle Lercaro, che le loro anime riposino in pace davanti a Dio amen. «Tu che qui ci trovi, in nome di Dio non ci muovere»

Dopo il testo latino che spiega chi è sepolto in quel luogo, viene un distico di senari rimati in genovese, destinato a suscitare la pietà del lettore, su di un tono quasi confidenziale.

Raimbaut de Vaqueiras (sec. XII)

Trovatore provenzale, fu il primo ad usare il genovese con intendimenti letterari, benchè parodistici e comici. Il genovese di Raimbaut è misto di provenzalismi e non siamo neppure certi se egli sia mai stato a Genova, o se si sia basato su elementi riportati da qualcuno. Nel Contrasto con la donna genovese, un giullare, che tenta di conquistare una donna, ne riceve delle secche ripulse. Alle dichiarazioni d’amore, tutte in provenzale, la donna risponde picche e, dopo un lungo battibecco, la donna manda il poeta a quel paese: è la parodia della moda letteraria e di costume dell’amor cortese in voga a quei tempi, e i genovesi con la loro lingua aspra e la loro fama, già da allora, di gente dura e dai modi diretti, erano adatti per ironizzare un po’ sulle convenzioni poetiche raffinatissime delle norti nobiliari. Alle profferte d’amore, la donna risponde così:

Juiar, voi no se’ corteso,
che me chaidejai de zo.
qe niente no farò,
ance fossi voi apeso!
Vostr’amia no serò.
Certo, ja ve scanerò,
proenzal malaurao!
Tal enojo ve dirò:
sozo, mozo, escalvao!
Ni zà voi no amerò,
q’e’ chu bello marì ò,
qe voi no se’, ben lo so,
andai via, frar, en tempo
mellorado…

Traduzione italiana

Giullare, voi non siete cortese,
a chiedermi cose
che mai farò
Anche se voi foste impiccato,
non sarò vostra amica!
Piuttosto vi scannerò,
provenzale malaugurato!
Questi insulti vi dirò:
sporco pazzo rapato!
Nè mai vi amerò,
chè ho un bellissimo marito,
più di quanto voi non siate, ben lo so,
andate via, fratello, aspettate un’occasione
migliore…

A Canson da Croxâ

Questa canzone, scoperta nel 1951 da R. Giazotto, risale al 1269 (anche se vi sono alcuni problemi nella trascrizione del testo) e non solo testimonia l’esistenza di una produzione poetica in genovese di qualche anno precedente quella dell’Anonimo, ma è anche la prima canzone in genovese che conosciamo. L’annotazione in fondo al testo ci dice inoltre che ve n’erano delle altre, di argomento amoroso, nella forma metrica dello strambotto, sorta di canto di grande diffusione in area italiana. Di questo testo esiste una bellissima versione in musica, cantata da Roberta Alloisio e inserita nel suo album Lingua serpentina (2007).

I Xzeneijxi cum Maria
se fan bonna compagnia
per trovar ne’l Sepulchro
Jesu Christo forte et pulchro.

Ne ro mar cuncti navili
sun co’ signo de la cruxe
benedicta et suave,
cuncti cantan Agnus Ave.

Delectissima Maria
ke sé nostra delecia
lo to fijo k’à perduo
Juda tristo l’à venduo.

Jerusalem se spracia
ri Xzeneijzi se desfacia
per redarte in compagnia
Jesus Kriste, Ave Maria.

Benedicimus et gloriamus
Kriste beate et hostia sancta
cum tuo spiritu, Kriste beate
Ave Maria, Kriste beate.

De majo se canta
de junio se danza
per amor
et per possanza
de Kristo et Maria
pin de cortexia.

Se canta supra sonum de straboto
«Domne alantor me prend’amor»

Traduzione italiana

I Genovesi con Maria
si fanno buona compagnia
per trovare nel sepolcro
Gesù Cristo forte e bello.

Nel mare tutti naviglia
hanno il segno della croce
benedetta e soave
tutti cantano Agnus Ave.

Dilettissima Maria
che sei nostra delizia
il figlio che hai perduto
Giuda tristo lo ha venduto.

Gerusalemme si squarcia
i Genovesi si imbaldanziscono
per ridarti in compagnia
Gesù Cristo, Ave Maria.

Benediciamo e glorifichiamo
Cristo beato e l’ostia santa
con il tuo spirito, Cristo beato
Ave Maria, Cristo beato.

Di maggio si canta
di giugno si danza
per amore
e per possanza
di Cristo e Maria
pien di cortesia,

Si canta sopra l’aria dello strambotto
«Donne allora mi prende amore»