Istruzioni a Sigurano
Testimonianze d’un uso del volgare genovese da parte della Cancelleria del Comune appaiono fin dalla prima metà del secolo XIV. Il genovese assume funzioni di lingua scritta ufficiale accanto (ma molto in subordine) al latino, poiché le varie magistrature dello Stato usano continuativamente lo stesso volgare a livello parlato. Lo Spotorno (1821) nomina un Antonio Cavanna, giureconsulto e uomo politico che tra il 1390 e il 1430 fu oratore in genovese molto famoso. Risalgono alla metà del Trecento le istruzioni politiche, indirizzate dal Comune di Genova a Sigurano, affinché difenda a Famagosta le ragioni di Genova di fronte al Re di Cipro; i Padri del Comune, con le istruzioni, forniscono a Sigurano una traccia di ciò che dovrà dire al Re, se quest’ultimo si dovesse mostrare contrario agli interessi di Genova e dei mercanti presenti in Cipro.
A voi, Seguran, cometamo per aregordo e a memoria redugamo, si como se dirà de sota, primo:
Quando voi serej in Famagosta, presenterej la letera a li mercanti, la quar noi v’avemo dajta. In apreso informajve de l’intencion de lo rej, e se li nostri mercajnti an reguardo de si. Ancor se a la nostra questiun ello n’è favorever o no, e segondo che voj troverej in la voluntae e in lo sembiante de li mercanti, lantor ve porrej conseiar in lo descaregar de la mercantia et in la nostra segurtae. Chesto digamo imperzo che noi no savemo como li servixi de la stan. In atto che voi v’acorzesi che dubio fosse, a voj e a li mercanti, che ben no ve parese star seguri, lantor porresi cerchar la vostra segurtae e de lo vostro aver, segondo che a voi e a li altri parrà.
[…]
In caso che perigo parese de descaregar le garee per sospezon […] lantor si poresi presentarve devanti lo rej con la letera de creenza che noi v’avemo daita, e seando davanti de lo rej, saluarlo per parte nostra, si como se dexe, e in apreso dir così como è diro de sota:
"Segnor Rej, noi mercanti semo vegnuj in la vostra terra con gran segurtae a far mercantia en lanna, per la vostra terra e per nostro ben; perché sea vostra marcé de darne sigurtae de star e de andar, si como noj somo usai, e in pero che alcune re sospezon son inter noj per alcune crie o comandi, fajti per la vostra majstae, che se alcunna naciun fara dapno etc.
Per che lo duxe de Zenoa e lo so conseio ve manda a dir per mi, como ello intende de viver con bonna paxe e pacificamenti con tuti li principi de lo mondo e che per la gratia de De la citae de Zenoa e lo destreto e in gran iustitia e paxe; per che da chi avanti non è da dubiar che per li so destrituaj sea fajto offesa, salvo a li sj innimixi.
E in perzo che per alcunne discordie chi sun stae inter la soa coronna e li Zenoexi – chi no deverea esser staita, chi considerasse l’antigo tempo de li soi strapassai e ancor de li nostri, de lo grande amor e de la grande affetiun; e da l’unna parte a l’atra no ghe deverea esser altro che bon amor – porreva esser che per lo mar stao, lo quar gran tempo fa la citae de Zenoa à sostegnuo, inter lor grande guere e grandi dalmagi – e donde non è unitae non pò esser iustixia – che questa ne serea parte de caxon, e ancor li faci citajn, chi per la lor specialitae averan portao ree parolle e somenao zinzanie, sor per esser in gratia, si como traitor de so Comun e ancor de li vostri borghesi semeievementi.
Perché, segnor, quando piaxese a la vostra coronna d’aver fim in bonna paxe, honorever per l’unna parte e per l’atra, si como se devrea raxonevermenti far, lo nostro Duxe è desposto a viver pacificamenti e amorossamenti con tuti quelli de questo mondo e specialmenti con la vostra coronna. Perché, quando ve piaxesse da mandar la vostra ambaxà in corte de Roma, lo quar è logo comun e honorever per voi e per lo nostro Comun, ello ne serea monto contento; e de zo ve prega che gi debiai mandar la vostra voluntae, azò che tanto ben se possa compir, a honor de De e de crestianitae.
Traduzione italiana
A voi, Sigurano, affidiamo quali istruzioni e come promemoria, ciò si dirà di seguito; primo:
Quando voi sarete a Famagosta, presenterete ai mercanti la lettera, che vi abbiamo data. Successivamente informatevi circa l’intenzione del re, e dei nostri mercanti riguardo a ciò. Inoltre se alla nostra questione egli sia favorevole o no, e a seconda che voi troverete nella volontà e nell’atteggiamento dei mercanti, allora vi potrete decidere a scaricare la mercanzia in nostra sicurezza. Questo diciamo in quanto non conosciamo la situazione di laggiù. Nel momento che voi vi accorgeste di qualcosa di sospetto, per voi e per i mercanti, per cui non vi sembrasse di esser troppo sicuri, allora potreste cercare la vostra sicurezza e il vostro avere, nel modo migliore che sembrerà a voi e agli altri.
[…]
Qualora vi sembri che vi sia pericolo a scaricare le galee per sospetto […] allora vi potreste presentare davanti al re con la lettera credenziale che vi abbiamo data, e una volta davanti a lui, salutarlo da parte nostra, così come è corretto, e dopo dire quanto segue:
"Signor Re, noi mercanti siamo venuti nella vostra terra con gran sicurezza a far mercato di lana, per la vostra terra e per il nostro bene; poiché è in vostro potere di darci sicurezza di stare e andare, secondo il nostro uso, e poiché alcuni cattivi sospetti sono tra di noi per alcuni editti e ordini, dati dalla maestà vostra, che se alcuna nazione farà danno etc.
Poiché il Doge di Genova e il suo consiglio vi manda a dire per mio tramite, che egli intende vivere in buona pace e pacificamente con tutti i principi del mondo e per la grazia di Dio la città di Genova e il suo distretto sono in gran giustizia e pace; poiché da qui in avanti non vi è da dubitare che i suoi cittadini non recheranno offesa, se non ai loro nemici.
E poiché tra la vostra corona e i genovesi sono state alcune discordie – che non avrebbero dovuto esserci, se si considerasse l’antico tempo in cui vi fu grande amore e grande affetto che fu tra i vostri antenati e i nostri; e da una parte e dall’altra non avrebbe dovuto esservi che buon affetto – poteva essere che per la cattiva condizione, che molto tempo fa la città di Genova ha sopportato, come grande guerra fra loro e grandi danni – e dove non è unità non può esservi giustizia – questa ne sia stata la cagione, e anche i falsi cittadini, che per loro interessi privati abbiano riferito cattive parole e seminato zizzania, al solo scopo di ingraziarsi qualcuno, tradendo il loro stesso Comune e i vostri sudditi.
[…]
Perché, signore, quando piacesse alla vostra corona di avere buona pace, onorevole per ambedue le parti, come sarebbe ragionevole di fare, il nostro Doge è disposto a vivere pacificamente e amorosamente con tutti quelli di questo mondo e specialmente con la vostra corona. Poiché, quando vi piacesse di mandare la vostra ambasciata alla corte di Roma, la quale è luogo d’incontro onorevole per voi e per il nostro Comune, egli ne sarà molto contento; e di ciò vi prega che gli mandiate la vostra decisione, affinché si possa compiere molto bene, a onore di Dio e della cristianità.