Narrativa nel Trecento
De Barlaam et de Jossaffà
Narrazione agiografca e moraleggiante trecentesca, tratta dalla vita del Buddha per tramite bizantino e cristianizzata, la storia di Jossaffà è appunto quella del principe Siddharta Gautama, fin da piccolo rinchiuso in una torre dal padre, preoccupato che egli venga a conoscere le sofferenze e i mali del mondo; ma una volta cresciuto, Jossaffà vuole sapere che cosa c’è al di fuori del suo palazzo e, dopo molte preghiere, il padre glielo concede.
…e disselli: «Fijor, e’ vojo che la toa voluntae sea compia e faita». E de pressente fè far goarnimenti reai e cum grande compagna comandà che honoreivermenti so fijo inssisse deffora e ancora comandà a li soi serventi che ogni cossa fosse levaa de la via chi poesse dar a so fijo caxom d’aotro ca de festa e ordenà monti strumenti e oxelli e caym chi andavam davanti a sò fijo a so che ello no avesse alcunna melanconia e tuto era bem ordenao semper che ello inssiva deffora. E unna fiâ, andando ello per sò deporto a oxellar, ello avé incontrao doi homi, l’un era mezello e l’aotro orbo e lo fantim Jossaffà fo monto maravegiao…
E cavarcando ello unna aotra fiâ ello avé trovao um omo monto vegio chi vea lo vizo tuto arapao e andava tuto inchinao inver la terra per la grande vegiessa e tuti avea zà perdùi li denti, apenna poeiva parllar e tuto era canuo…
E lantor lo fantim Jossaffà comenssà a dir: «Amara è questa vita e pinna de grande misseria», e poa dixea infra si mesmo: «E quando la morte verrà a mie e chi me deffenderà? Or donca bem apar che sea aotro mondo e aotra vita ca questa e bem bezognava saveir queste cosse che aotramenti e’ serea vissuo como bestia …»
Traduzione italiana
…e gli disse «Figliolo, voglio che la tua volontà sia fatta». E subito fece preparare un corteo reale e ordinò che suo figlio uscisse con seguito principesco; e comandò ai suoi servi che ogni cosa che potesse turbare l’animo del figlio fosse tolta dal tragitto e ordinò molti strumenti musicali e uccelli e cani che precedevano suo figlio, così che egli non dovesse provare tristezza e così avvenne ogni volta che il principe usciva. E una volta che questi era andato a caccia, incontrò due uomini, di cui uno era monco e l’altro cieco e il giovane Jossaffà fu molto meravigliato…
E un’altra volta, cavalcando, vide un uomo molto vecchio, dal viso grinzoso, curvo verso terra per la vecchiaia, aveva perso tutti i denti, poteva a malapena parlare ed era canuto…
E allora il giovane Jossaffà prese a dire: «Amara e miserabile è la vita e aggiungeva fra sé: Quando la morte verrà a me chi mi difenderà? Ora capisco che vi sono un altro mondo e un’altra vita, oltre questi, e che bisognava sapere queste cose, altrimenti sarei vissuto come un animale… »
Il Mago Merlino
Nella sterminata messe di testi di trattatistica e cronachistica redatti in genovese trecentesco si trova anche un volgarizzamento del Chronicon Pontificum et Imperatorum (1277-78) di Martino di Troppau, dove si possono cogliere dei timidissimi tentativi di «affrancare una tradizione scrittoria per il resto fortemente impregnata di moralità religiosa» (F. Toso). Il brano relativo al mago Merlino fa supporre in ambito ligure un interesse per la letteratura cavalleresca più diffuso di quanto lascino immaginare le superstiti testimonianze.
In questo tenpo si fo in Britagna Merlin propheta, figio de unna saynta monega figia de re, et nassé per conçonçimento de demmonio, ché la mayre de questo Merlin fo figia de lo re Demecio et fo monega in lo monesté de San Pero in la citay de Caermedua, et questa disse che may ella no cognoscé homo, ma disse che gi apparsse un chi gi pareyva belissimo et si la basà; un’atra vota gi apparsse et si l’abrazà et basala monte vote, et quando se disparsse questo chi gi pareyva cossì bello et chi l’abrazava et chi la basava, ella se trovà esser gravea. Fazando lo re de Britagna un hedificio meravejoso et grandissimo, de note dispareyva çò che de jorno hedificava, et dagandosse meravegia avé responsion dali soy magi che lo hedificio no prospareyva sarvo inter la caucina no fosse meschià delo sangue de arcun chi fosse zenerao et procreao senza paire. Et cercandosse tar persona per lo regname, fo revelao Merlin da un garzon cum chi ello se acavejava, et seando preyso Merlin, mostrà che li magi se mentivan, et questo Merlin mostrà un grande abisso chi devorava in tera de note tuto lo hedificio che lo re fasea far de dì, et per questo moo scanpà.
Traduzione italiana
In quel tempo ci fu in Bretagna il profeta Merlino, figlio di una santa monaca figlia di re, nato per congiungimento con il demonio; la madre di Merlino era figlia del Re Demecio e suora in un monastero dedicato a San Pietro, nella città di Caermedua. Sosteneva di non aver mai conosciuto uomo, ma che una volta le era apparso un essere bellissimo, il quale l’aveva baciata; apparsole un’altra volta, la abbracciò e baciò ancora, e quando questo essere che le sembrava così bello e che l’abbracciava e baciava fu scomparso, ella scoprì di essere incinta. Il re di Bretagna stava facendo edificare una costruzione bellissima e grandissima, ma ogni notte tutto ciò che era stato edificato scompariva. Meravigliatosi di ciò, venne a sapere dai suoi maghi che la costruzione non sarebbe progredita a meno che nella calce non fosse mescolato il sangue di una persona generata e procreata senza l’intervento del padre. Allora venne fatta cercare in tutto il reame una persona simile, e Merlino fu riconosciuto per la segnalazione di un altro ragazzo con il quale si stava accapigliando. Merlino fu preso, ma dimostrò che i maghi mentivano, facendo vedere una grande voragine, la quale, di notte, divorava l’edificio che il re faceva costruire di giorno. In questo modo si salvò.
Li miraculi de la biâ Vergen Sancta Maria
Anche nei Miraculi de la biâ vergen Sancta Mariae si può osservare qua e là il desiderio di allontanarsi dai modelli agiografici per abbandonarsi più liberamente al piacere di narrare, descrivendo tutto un vivace mondo di cavalieri, borghesi e monaci. Nel brano qui riportato ci troviamo addirittura di fronte ad un embrione di racconto dell’orrore, dove effettivamente le motivazioni edificanti passano in secondo piano: narrazioni come queste sono probabilmente alla base delle fiabe e racconti popolari liguri, caratterizzati – come ebbe ad osservare Italo Calvino – da un gusto fantastico goticizzante e grottesco.
Fo um, lo quar avea nome Bacon, e questo era monto devoto de la vergem Maria, sì che questo promisse una fiâ a unna femena de prenderla per mogier, se ella vollesse consentir de far la soa voluntae. E ella li promisse de consentir, se li volesse promete de sepelirlla quando ella fosse morta in unna gexia, la quar era monto da la longa de la terra e in unna revera de mar. E questo tuto cossì li promisse no cognossando lo ingano de lo diavo chi era misso in quella semegiansa, per inganarlo per vagezar d’amor.
E, no passao goairi tempo, questa femena morì e, abjandola Bacon cum li soi compagnoin missa su unna nave per portar a questa gexia, se comensà unna grande tempesta in mar, là unde fuzim tuti quelli de la nave, salvo Bacon e um so compagnon e parente. Quando elli fom zointi a la gexia, sì aceizem um grande fogo per ché ‘l era monto noyte scura. E, de presenti, questa femena se levà e demandà a beiver de l’aigoa. Alaora disse Bacon a lo compagnon: «Ello convem che tu vagi per aigoa e mi goarderò cocì, o voi goardai cocì e mi ge anderò; ello convem che tu vaga a la longa un migiar». E quello respoze: «Tu ge anderai e mi starò». E, seando Bacon andaito per aigoa, questa se levà da lo leto, unde ella jaxeiva, e zità quello chi era romazo inter lo fogo e, retornando Bacon cum l’aigoa, questa li zé incontra e, incontenente che ella la vì, la boca se li revoze e fuzì per penser sum um arboro. E questa femena, de presente fo satâ sum l’erboro e de la soa boca zitava fjama de fogo.
E avegne che in quella hora, lì arivà lo alcivesco de Ravena, chi passava lor ichena e, vegando cossì oriber cossa, comandà a li soi jherexi che elli aparegiassem li paramenti cum lo incensso e cum l’aigoa beneita. E quando ello fo parao zé a sconzurà quella femena per savei chi ella era e ella respoze che ‘l era diavo, stao in quella semegiansa per longo temporar, per poei prender l’annima de Bacon so mario. Ma, per caxom de la devociom che ello avé in la vergem madona Sancta Maria e saruavala pjascum jorno, no poeiva aveir nissuna segnoria sovre ello. «E per so me som missa in forma de morta per megio inganarlo». E, de presente, desparve via.
Traduzione italiana
C’era un tale di nome Bacon, che era molto devoto alla vergine Maria. Una volta promise a una donna di prenderla in moglie se lei avesse consentito di fare la sua volontà. Lei glielo promise a condizione che egli si impegnasse a seppellirla, una volta che fosse morta, in una certa chiesa molto distante da quel paese, lungo la costa del mare. Quello accettò, senza conoscere l’inganno perpetrato dal diavolo, che aveva assunto quelle sembianze per ingannarlo con la follia d’amore.
Non passò troppo tempo e la donna morì. Bacon e i suoi compagni misero la salma su una nave per portarla in quella chiesa, ma subito si scatenò una grande tempesta in mare, e tutti abbandonarono la nave tranne Bacon e un suo fedele compagno e parente. Quando ebbero raggiunto la chiesa, accesero un grande fuoco, perché la notte era assai buia. All’improvviso la donna si alzò e chiese di bere dell’acqua. Bacon disse al suo compagno: «Conviene che tu vada a prendere l’acqua e che io resti qui a fare la guardia, oppure tu rimani, e vado io: bisogna fare un miglio di strada». Quello rispose: «Vai tu, io rimango qui». Quando Bacon fu andato a prendere l’acqua, la donna si alzò dal giaciglio e scaraventò nel fuoco il compagno. Quando Bacon ritornò con l’acqua, fece per muovergli incontro, ma lui, come la vide, storse la bocca e, pieno di paura, si rifugiò su un albero. La donna saltò subito sull’albero, e la sua bocca gettava fiamme e fuoco.
In quel momento passava lì vicino l’arcivescovo di Ravenna e, assistendo a quella scena orribile, ordinò ai suoi chierici di preparargli i paramenti, l’incenso e l’acqua benedetta. Quando fu pronto, andò ad interrogare quella donna per sapere chi fosse, e quella rispose di essere il diavolo, rimasto a lungo in quelle sembianze per impadronirsi dell’anima di Bacon suo marito. Ma grazie alla devozione che egli nutriva per la vergine Maria, alla quale si rivolgeva ogni giorno, non riusciva ad averne ragione. «Così ho assunto l’aspetto di un cadavere per ingannarlo». E subito scomparve.