Paolo Agostino Orengo (XVII sec.)
Il primo scrittore in ligure intemelio di cui si abbia notizia è un Gerolamo Lanteri, che, verso il 1600, scrisse una raccolta di sonetti e di epigrammi in ventimigliese, purtroppo perduta, così come è perduta la Musa Ventimigliese di Paolo Agostino Orengo, do 1650; dell’Orengo, però, ci sono rimasti tre sonetti, riportati dal Padre Angelico Aprosio ne La Grillaia, dove tratta dei linguaggi d’Italia (ma i sonetti ventimigliesi sono stati soppressi dall’edizione a stampa). L’Orengo aveva mandato i sonetti da Roma a Lucerna al suo concittadino Domenico Antonio Cotta Sismondi, Nunzio Apostolico ai Cantoni Cattolici in Svizzera. Per i riferimenti a persone e avvenimenti locali di quei tempi, i sonetti sono di difficile comprensione, ma erano incomprensibili anche per l’Aprosio, che li paragona alle poesie del Burchiello. Comunque, i testi dell’Orengo hanno un valore di testimonianza; da osservare che la grafia è la stessa del genovese di quei tempi, con la «o» pronunciata «u» e tutte le altre particolarità ben conosciute, ma con l’aggiunta di «y» per indicare la «i» semivocalica.
Non so perché ve tegni tanto bon
perché scrissero sei, pesso de Soyra;
che mi, che son spagnolo, non ho poyra
chiù che ro gato e un can d’un maccaron.
Magnifico, no ve perdoneron,
se ghe vegnisse ben Batè Mormoyra,
o Batè Soya, ch’è coxì pelloyra,
o Perdinzari, ch’è coxì poutron.
Ben ve ringratio assai dre vostre noeve,
xiben, ch’a fo una certa mercantia,
che m’era ben chiù cara un pescio d’oeve.
Scrivei de chelle lì de Sgrisseria,
per contare a ri amixi cando chioeve,
che coxì fuxerei ra poutronia.
Traduzione italiana
Non so perché vi date tante arie
perché siete svizzero, brutto sporcaccione,
ché io, che sono spagnolo, non ho paura
più di quanto il gatto o il cane temano un maccherone.
Magnifico, non vi perdonerò
anche se venisse Battista Mormora
o Battista Sozzo, che è così farabutto,
o Perdinci, che è così fannullone.
Vi ringrazio molto delle vostre notizie
benché fossero una certa mercanzia
che avrei preferito una frittata.
Scrivetemi di quanto accade in Svizzera,
da raccontare agli amici quando piove
ché così eviterete la poltroneria.
Gardé se l’é da rrì, corpo dra doglia,
de l’arroganza de chesti marrai,
che se Franza gh’assussa ri soei cai
y no seran seguri manco in Poglia.
Y ghe stan pe ro fì senza l’agoglia,
e y bravan e y son tanto acoventai,
come se y no dovessan inscì mai
d’Italia, e no menà presto ra groglia.
Vegne ro mà dra biscia a chi ghe cré,
s’o fosse ben chello pesso de soyra
chi sta in Luxerna, e ro digo da vé.
L’on faito solo per meteve poyra:
perdoneme ve prego in bona fè,
per Fifò, per Tozaina e per Mormoyra.
Traduzione italiana
Guardate se è da ridere, corpo di un boccale,
dell’arroganza di questi marrani,
che se la Francia gli aizza i suoi cani
non saranno sicuri nemmeno in Puglia.
Ci stanno per un filo, senza l’ago,
e si vantano, e sono talmente privilegiati,
come se non dovessero uscire mai
d’Italia, e non portare via presto la pellaccia.
Venga il male della biscia a chi ci crede,
anche se fosse quel pezzo di sudicione
che vive a Lucerna, e lo dico davvero.
L’ho fatto solo per farvi paura:
perdonatemi, vi prego in buona fede,
per Fifò, per Tosana, e per Mormora.