Conseggio pe-o patrimònio linguistico ligure

Conseggio ligure

Paolo Bertolani (1956)

Presentazione a cura di Alessandro Guasoni

Nato alla Serra di Lerici, Bertolani è stato uno dei poeti liguri più noti a livello nazionale. Dedicatosi alla lingua locale piuttosto tardi, tema fondamentale della sua poesia è un ininterrotto dialogo con i morti, una sorta di regresso nella memoria per non interrompere il contatto con le persone care, la cui scomparsa appare traumatica ed immedicabile. Suggestioni letterarie – Pascoli in primo luogo – hanno influito sull’autore, corroborate inoltre da una ricerca linguistica che «sfrutta appieno le peculiarità di un mezzo espressivo caratterizzato da una particolarissima musicalità»[1].

[1] F. Toso, Letteratura genovese e ligure – Il Novecento – I, Marietti, Genova, 1991.

Er buio i ven da sorve

Come le persone, così anche i luoghi e le loro memorie scompaiono, travolte dal tempo e dal progresso.

Er buio i ven da sorve,
i empia i baladoi:
ormai l’é proprio sea.

A penso a quante cose l’en spaì,
come fito la mea a maavigia:
nicò e ciave di pole
’n cò da stada
chi ’r sa tra che rassa d’erbe
adè la sian piatà.

Traduzione italiana

Il buio viene da sopra

Il buio viene da sopra,
riempie i ballatoi:
ormai è proprio sera.

Penso a quante cose sono sparite,
a come muore presto la meraviglia:
anche le chiavi delle polle
in fondo all’estate
chi lo sa tra che razza d’erbe
adesso saranno nascoste.

Aieta pe Arbé

Il mondo che fu degli scomparsi, e come nato da loro, continua a reggersi sulla loro invisibile presenza, sulla loro sollecitudine, in definitiva sul loro amore.

Dai vedi no me riva che mureti
biancolare, ondà. Nadi da te,
come tuta sta cà.
Arenta, en bobi i denta
a no so che nuvieta: se de mosque
ò de tafan…
Dai copi, dar soacin,
riva a té gose: «Er pan
g’è drent’aa mastra,
sorve a l’aigueo er vin.
Se t’è besogno d’artro
vìseme dar camin».

Traduzione italiana

Arietta per Alberto

Dai vetri non mi arrivano che muretti
biancolatte, ondulati. Nati da te,
come tutta questa casa.
Vicino, un bobi morde
non so quale nuvoletta: se di mosche
o di ta fani…
Dai coppi, dal solicello,
arriva la tua voce: «Il pane
è dentro la madia,
sopra l’acquaio il vino.
Se hai bisogno d’altro
avvisami dal camino».