Conseggio pe-o patrimònio linguistico ligure

Conseggio ligure

Ubaldo Mazzini (1868–1923)

Presentazione a cura di Alessandro Guasoni

Nato alla Spezia, aveva studiato giurisprudenza, ma si dedicò fin da giovane al giornalismo, trasportato anche dalla passione per la politica. Chiamato alla direzione della Civica Biblioteca e del Museo Civico, il Mazzini si dedicò poi a studi e ricerche sulle antichità e la storia ligure: fu lui a scoprire le famose statue-stele della Lunigiana e a formulare ipotesi sulla loro origine, che riscossero grande risonanza tra gli studiosi non solo italiani. Repubblicano convinto, il Mazzini in poesia è un «dialettale», nel senso che cerca di proporre in versi il modo di pensare e parlare dei popolani spezzini, secondo quella che era ai suoi tempi l’idea prevalente di ciò che doveva essere la poesia nelle parlate locali; sebbene il Mazzini scriva in ligure, i suoi modelli sono dunque il romanesco Belli, o il toscano Fucini, o ancora il napoletano Ferdinando Russo, con il suo Luciano d’o Rre, testi in cui gli autori fanno parlare in prima persona dei personaggi anche lontanissimi dal modo di pensare del loro poeta, per restituirli al giudizio dei lettori, nella sua verità e spesso nell’enormità grottesca delle sue opinioni e manie; questo fa comprendere in parte le ragioni del relativo successo della poesia del Mazzini, anche a livello nazionale, e gli assicura un posto – magari minore – nella storia della letteratura italiana e anche ligure.

Sconforto

Perché vive? perché vegnie ar mondo
donde ne gh’é che pene e despiazei,
donde l’anché i è pezo che l’aiei,
donde vita e doloe i se confondo?

A che scopo tiala enfin en fondo
coa speansa che poi la vaga mèi,
se sempre a resteè quelo ch’a ei
sensa avei mai godü manco ’n segondo?

No, no! L’é mè finila ’nfin che ’n peto
gh’é er coragio e a passion dea zoventù,
prima che i ani a fiaco l’inteleto.

Chì na botigia! a me la taco a-a buca
enfin ch’en fondo ne ghe resta ciü,
e a nego e triste idee drento na ciuca.

Traduzione italiana

Sconforto

Perché vivere? perché venire al mondo
dove non vi sono che pene e dispiaceri,
dove l’oggi è peggio dello ieri,
dove vita e dolore si confondono?

A che scopo tirarla fino in fondo
con la speranza che poi vada meglio,
se sempre resterai quello che sei
senza avere goduto neppure un secondo?

No, no! è meglio finirla finché in petto
c’è il coraggio e la passione della gioventù,
prima che gli anni fiacchino l’intelletto.

Qua una bottiglia! me l’attacco alla bocca
fino a che in fondo non ne resta più,
e annego le idee tristi in una sbornia.

Teorie nève

I

E aciateve cor vostro socialismo!
I autri me a n’i ho manco pe e bale;
a me siolio per me a question sociale
e quest’i è propio ’r veo positivismo.

I en tüte stoie e vostre! ’r comünismo,
i sc-ciavi di padron, der capitale…
a sto mondo, l’é cosa natüale,
la marcia tüto a forsa d’egoismo!

E cos’a ve credé, coe teorie
de refae i omi coe stampe e a faina
come i crozeti? e andevene a dormie!

Aoa s’é sc-ciavi der capitalista?
Fè o socialismo, e a l’indoman matina
a i saemo do stato socialista.

II

’Orca matina! armeno a sta manea
chi ha vogia de stae ben e travagiae
i sgoba daa matin enfin aa sea
per metene da parte e per campae,

quand’i seà vecio ’n po’ ciü mei, n’è vea?
Ma ar vostro modo com’a vorè fae?
Levè a l’omo a goeta dea monea,
con a sodisfassion de guadagnae,

e i deventa na bestia, ’n ase, ’n müo,
che quand’ha travagià vintiquatr’oe
i treva ’n po’ de fen e ’n leto düo;

coa sola defeensa, che per noi
e vintiquatro i sean redüte a ot’oe,
e ’r fen a ’n menestron de riso e coi.

Traduzione italiana

Teorie nuove

I

E andatevi a nascondere con il vostro socialismo!
Degli altri non importa niente;
risolvo da solo la questione sociale
e questo è proprio il vero positivismo.

Le vostre sono tutte storie: il comunismo
gli schiavi del padrone, del capitale…
a questo mondo è cosa naturale,
tutto marcia a forza d’egoismo!

E che vi credete? Con le teorie
di rifare gli uomini con lo stampo e la farina
come i corzetti? e andatevene a dormire!

Ora si è schiavi del capitalista?
Fate il socialismo e l’indomani mattina
lo saremo dello stato socialista.

II

Orca mattina! almeno a questo modo
chi ha voglia di stare bene e lavorare
sgobba dalla mattina fino a sera
per metterne da parte e per campare,

da vecchio un po’ meglio, non è vero?
Ma al vostro modo come volete fare?
Togliete all’uomo la gola della moneta,
con la soddisfazione di guadagnare,

e diventa una bestia, un asino, un mulo,
che quando ha lavorato ventiquattr’ore
trova un po’ di fieno e un letto duro;

con la sola differenza, che per noi
le ventiquattro sarebbero ridotte a otto ore,
e il fieno a un minestrone di riso e cavoli.

Question sociale

L’Anarchia? Ma següo ch’a la faemo!
L’é tropo che se sofra e se travagia;
a semo strachi de servie, a semo
stüfi oamai de rogigiae dea ragia!

A questa borghesia, a sta canagia
a ghe faemo vede, a ghe faemo,
che n’é giüsto, perdie, che sempre l’agia
de strütae o südue der poveo semo!

A son chì, nüdo, sensa na palanca,
ciücià come ’n’anciüa dao dezunae,
e a devo vede, ne te paa? de gente…

– Ne t’ei convinto, Bacicin? – Noanca;
ma te che te me parli de südae,
t’ei a travagio? coss’te fè? – Me? gnente.

Traduzione italiana

Questione sociale

L’Anarchia? Ma certo che la faremo!
Da troppo tempo soffriamo e lavoriamo;
siamo stanche di servire, siamo
studi oramai di roderci di rabbia!

A questa borghesia, a questa canaglia
gliela faremo vedere, perdie, che sempre debba
sfruttare il sudore del povero scemo!

Sono qui, nudo, senza un soldo,
asciutto come un’acciuga dal digiunare,
e devo vedere, non ti sembra, della gente…

– Non sei convinto, Bacicin? – Non ancora;
ma tu che mi parli di sudare,
lavori? Che cosa fai? – Io? Niente.

Er matrimonio

Prima de tüto i è sempre ’n sacramento
e per questo gh’é lego a rispetalo:
per dine mao mia esseghe sta drento,
per savene quarcò la mia provalo.

Fra mile ghe n’è ün de’n seme ’n sento
ch’i se pentissa e che vorai desfalo;
me, ch’a l’ho fato, e come a son contento!
S’a ne l’avesse fato, a vorai falo.

I dizo che s’è cen de despiazei,
cen de crüssi, de lastime e doloi,
che cressa coa famigia ’nca i pensei…

Dè ’n po’ a mente a Pepin: i ha pià mogee
ch’i ea crevelà dai puffi, e d’aloa ’n poi
i è cen de tüto ’n po’ che l’è ’n piazei.

Traduzione italiana

Il matrimonio

Innanzi tutto è sempre un sacramento
e per questo bisogna rispettarlo;
per dirne male bisogna esserci dentro,
per saperne qualcosa bisogna provarlo.

Fra mille ce n’è uno ogni tanto
che si pente e vorrebbe disfarlo;
io che l0ho fatto, eccome sono contento!
Se non l’avessi fatto, vorrei farlo.

Dicono che si è pieni di dispiaceri,
con crucci, lamentele, dolori,
che con la famiglia crescono anche i pensieri…

Osservate Peppino: ha preso moglie
quando era crivellato dai debiti, e da allora in poi
è pieno di un po’ di tutto che è un piacere.