Conseggio pe-o patrimònio linguistico ligure

Conseggio ligure

Domenico Garello (XIX sec.)

Presentazione a cura di Alessandro Guasoni

Tra il 1812 e il 1819, l’attore Domenico Garello presenta al teatro di Campetto e al Falcone una serie di farse e parodie (i titoli possono essere in italiano così come in genovese), che hanno come protagonista la maschera del Signor Regina; sono titoli come Il Signor Regina alla Malapaga, Il matrimonio del Signor Regina con la Signora Lattuga, Le cantatrici di Bargagli e Regina capo dell’orchestra dei gobbi, Il convitato di pietra con Regina servo di Don Giovanni, Il signor Regina medico per forza, Regina servitore di due padroni, Regina atterrito dalle apparizioni ed altre. Il Signor Regina, prima di essere una macchietta teatrale, era stato un uomo in carne ed ossa, un vagabondo originario della Riviera di ponente, tale Francesco Cavanna, che si guadagnava la vita andanco in giro per le osterie a fare ridere la gente, che gli allungavano un bicchiere di vino e un pezzo di pane. Nel 1792, a quarant’anni, era morto improvvisamente, completamente ubriaco, cadendo giù per le scale di un’osteria ed era perfino sorto qualche sospetto su questa sua fine, che sembrava poco chiara. Ma la gente non lo avevano dimenticato e alcuni attori, tra i quali il Garello, avevano continuato a interpretare il personaggio a teatro anche a distanza di anni; Martino Piaggio, presentanto il suo primo Lunäio (1815), gli fa dire così:

«… son trent’anni che sono in briciole,
eppure mi fanno parlare, per deridermi,
in teatro, sui lunari, e sui foglietti volanti.»

Forse lo stesso Piaggio aveva collaborato a queste piéces teatrali di poco impegno, soprattutto scrivendo i versi che spesso concludono le singole scene, per riassumerne il contenuto; e in seguito riprese anche lui il personaggio, modificandolo ancora sulle pagine del suo Lunäio, fino a farne il prototipo del genovese di buon senso e «all’antica», figura che ritorna negli anni fino al teatro del Bacigalupo, e da questo in quello di Govi. Le farse del Garello sembravano perdute, fino a quando, negli anni Settanta del secolo scorso, Aidano Schmuckher non scoprì nell’archivio del Museo del Risorgimento Le gelosie del Signor Regina, attibuendole al Piaggio. Secondo F. Toso, questo testo è invece opera del Garello, cosa per varie ragioni più probabile. Chi scrive queste note ha avuto occasione di assistere (1977) a quella che è stata forse l’ultima messa in scena di questa commedia, per la regia di Cesare Viazzi, e interpretata da Nanni Raffo e Franco Paladini, due bravi attori, che forse oggi sono stati un po’ dimenticati.

Le gelosie del Signor Regina, Atto II, Scena 2ª

Qui presentiamo la scena in cui il Signor Regina incontra (e si scontra) con l’altra maschera del teatro genovese, il Caporale fanfarone, che qui si chiama «Enrico» e finge di essere francese per motivi di intreccio, con tutti gli equivochi tipici de questo tipo di teatro. In questo modo, viene riproposta la vecchia comicità del teatro plurilingue secentesco, con le incomprensioni che nascono tra parlanti due lingue diverse. Da ricordare che siamo ai tempi in cui Genova e la Liguria appartenevano all’impero napoleonico e soldati francesi occupanti, che si potevano temere, se ne saranno incontrati molti nella vita reale.

Enrico (che sorte dalla tendina vestito in uniforme), e Regina

Enrico

Quel est donc tout ce tapage?

Regiña

(Ah, meschin de mi! Un atro ascoso in casa… a no n’aveiva assæ do sciô Lindöo de feua!)

Enrico

Parlez donc Monsieur, ce n’est pas la maniére…

Regiña

(Me sento röda da-o venin) E chi Scià è, o sciô Monsù?

Enrico

Je suis un militaire, ne voyez vous pas?

Regiña

E cöse scià à da intré, inti fæti de moà, e de mæ moggê?

Enrico

Je vous rèpete que ce n’est pas la manière… Je suis bien etonnè de votre villaine façon d’agir envers votre femme…

Regiña

Ma Monsù, in casa de moà pòsso faire quello che je veu, pöi a me gh’à tiré per i cavelli!

Enrico

(si accosta seriamente e lo prende per un braccio tirandolo in disparte) Monsieur? Comprenez vous bien le français?

Regiña

Oui, che ô capiscio, e ô sò pöcassæ bin parlé, pourquoi?

Enrico

Attendez. Repondez moi, quel tort vous à fait votre femme?

Regiña

Ma premierement scià me digghe un peu qui etez vous Monsù, che sei in casa de moà, ascoso da-a tendiñ?

Enrico

(risoluto e grave) Je suis un officier français qui vient de la guerre, qu’on a fait l’honneur d’envoyer loger chez vous pour deux ou quatre mois!

Regiña

Molte graçie! Bello regalletto! (Ò capio, o l’é un allögio, e a birba a no me dixeiva ninte). Et bien, a mæ famme a m’à tradio, ghe voeu donné un memorial, e pöi mandâla via de la maison.

Enrico

(con trasporto) Comment? vous quittez votre belle femme?

Regiña

Oui, giusto apponto perché a l’é bella, scì che amenemen ghe mettiö beaucoup!

Enrico

(ironicamente e picchiandogli sopra una spalla) Vous ne la ferez pas, Monsieur, votre femme est incapable de vous trahir. Elle vous aime… (serio) C’est vous qui etes jaloux à tort (picchiandogli forte assai sulla spalla).

Regiña

Ahi! Vous burlez, Monsieur, e comment vous savez tutte queste choses, che vegnî dalla guerre?

Enrico

Je le sais, et je le soutiendrai avec mon epée (toccando la spada).

Regiña

(questa a vâ doî södi, miæ se me capitan tutti di boin). Ma Monsù, ammiæ bien che oscinià è int’un erreur, ghe pòsso fâ vedde e toché co-e moen a veritè de quello che ghe diggo…

Enrico

(risoluto) Je vous repéte, que vostre femme est fidelle, que la connois bien, et que vous étes un villain jaloux, ventre-bleu… Voilà mon epée…

Regiña

(Stæ à vedde che piggio ancon de bòtte) Ma Monsù no che no son gioso. Vintitrei beu! (tira fuori un biglietto) prenez, ammiæ un pittin cette lettre che ghe scrive sò amant spaximévoyez Lindore

Enrico

(ironico) Ce n’est pas à elle.

Regiña

Ma voyez Monsù, cöse ghe dixe: «Alla Sig. Rosa Regina»

Enrico

Je connois bien cette lettre, je sais tout, pas de replique, la femme est fidelle, vous ne la meritez pas (in aria di caricaturarlo). Allez Monsieur prendre un peu d’air… sortez… allez vous promener, vous en avez besoin (ridente sardonico) j’ai à dire quelque chose à votre belle Rosine.

Regiña

(Ò capio tutto).

Enrico

Vous reviendrez peut étre bien convaincu de votre tort. Allez-allez donc.

Regiña

(O me manda via de casa mæ! ma chi ghe veu prudensa, mi no me veuggio dâ). E bien donnez moi donque a mæ lettea.

Enrico

Oh! Cette lettre est trop chere à qui elle est ecrite, je la tiens pour la lui donner (ridendo) vous est bien bon.

Regiña

(o me carrega ancon! Andemmo subito da-o sciô Gieumo à piggiâ un pö de paei e savei comme m’ò da regolâ). Za che, Monsù, me mandez via con tanta boña manea, je m’en vais; scià no manquez pas d’amusà à votre piaxei (pe atro sento che ghe patiscio à lasciâ chì a mæ Rosiña; se me â poëse portâ via coscì infedele comme a l’é, tanto a me saiva caa; basta, andiö e torniö subito). Adieu Monsù, Scignoria (che o diao o te pòrte via).

Enrico

(ridente) Adieu mon ami, allez devenir un tres bon mari. Venez, touchez la main (gliela stringe assai forte).

Regiña

(Ahimemì, o me stòcca e die!) (la ritira presto, lo guarda brusco e dice) adieu.

Enrico

Adieu, mon cher parent.

Regiña

(sò paente! Ò capio tutto!) (fra’ denti) Adieu.

Enrico

Adieu, adieu au plaisir Mons. Reginà

Regiña

(parte arrabbiato e mortificato facendo dei lazzi e girandosi addietro) Poscito scciuppâ!

Traduzione italiana

Enrico, che esce dalla tendina vestito in uniforme, e Regina.

Enrico

Allora, che cos’è tutto questo baccano?

Regina

(Ah, povero me! Un altro nascosto in casa… non le bastava il signor Lindoro di fuori).

Enrico

Parlate dunque, signore, non è questo il modo…

Regina

(Mi sento rodere dalla rabbia) E lei chi è, signor Monsù?

Enrico

Sono un soldato, non vedete?

Regina

E che cos’ha da intré nei fatti di muà e di mia moglie?

Enrico

Vi ripeto che non è questo il modo… sono veramente stupito del vostro volgare modo di trattare vostra moglie…

Regina

Ma Monsù, in casa di muà posso fèr quello che voglio, e poi mi ci ha tirè per i capelli.

Enrico

(si accosta seriamente e lo prende per un braccio tirandolo in disparte) Signore, capite il francese?

Regina

che lo capisco e lo so più o meno parlare, purcuà?

Enrico

Aspettate. Rispondetemi, quale torto vi ha fatto vostra moglie?

Regina

Ma premiermàn mi dica un peu chi etè vu, munsù, che siete in casa di muà nascosto dietro la tendina?

Enrico

(risoluto e grave) Sono un ufficiale francese che torna dalla guerra, che vi si è fatto l’onore di mandare ad alloggiare presso di voi per due o quattro mesi!

Regina

Molte grazie! Bel regalino! (Ho capito, è un «alloggio» e la birba non mi diceva niente!) E bian, la mia famm mi ha tradito, le voglio dare un memoriale, e poi mandarla via dalla mesòn.

Enrico

(con trasporto) Che cosa? Volete lasciare la vostra bella moglie?

Regina

, giustappunto perché è bella, forse che ci metterò molto?

Enrico

(ironicamente e battendogli sopra una spalla) Voi non lo farete, signore, vostra moglie è incapace di tradirvi. Ella vi ama… (serio) Siete voi che siete geloso a torto (battendogli assai forte sulla spalla).

Regina

Ahi! voi scherzate, signore, e come fate a sapere tutte queste sciòse, che venite dalla gherr?

Enrico

Le so, e le sosterrò con la mia spada! (toccando la spada).

Regina

(Questa vale due soldi, guardate se mi capitano tutti i migliori) Ma signore, guardi bene che lei è in errore, le posso far vedere e tuscé con mano la verité di quel che le dico…

Enrico

(risoluto) Vi ripeto, che vostra moglie è fedele, che la conosco bene, e che voi siete un villano geloso, vantrebleu… Ecco la mia spada…

Regina

(State a vedere che prendo ancora delle botte) Ma Monsù, no che non sono geloso. Ventitre buoi! (tira fuori un biglietto) prené, guardate un po’, questa lettera che le scrive il suo amante spasimato!… vedete Lindoro…

Enrico

(Ironico) Non è per lei.

Regina

Ma vuaié Monsù, che cosa dice: «alla Sig.ra Rosa Regina».

Enrico

Conosco bene questa lettera, so tutto, non replicate, la donna è fedele, voi non la meritate (in aria di caricaturarlo) Signore, andate a prendere un po’ d’aria… uscite… andate a passeggio, ne avete bisogno (ridente sardonico) devo dire qualcosa alla vostra bella Rosina.

Regina

(Ho capito tutto).

Enrico

Forse ritornerete ben convinto del vostro torto. Andate, andate su.

Regina

(Mi manda via da casa mia! Ma qui ci vuole prudenza, non mi voglio battere). Ebbene, datemi dunque la mia lettera.

Enrico

Oh, questa lettera è troppo cara a chi l’ha scritta, la conservo per dargliela (ridente) Siete molto buono.

Regina

(mi prende anche in giro! Andiamo subito dal signor Girolamo a prendere un parere e sapere come mi devo regolare) Monsù, giacché mi mandate via con così bel modo, xe man ve, non manché di amusarvi a vostro piacere (peraltro sento che soffro a lasciare qui la mia Rosina, se me la potessi portare via così infedele com’è, mi piacerebbe tanto; basta andrò e tornerò subito). Adieu, Monsù, Signoria (che il diavolo ti porti via).

Enrico

(ridente) Addio, amico mio, voi diverrete un ottimo marito. Venite, diamoci la mano (gliela stringe assai forte).

Regina

(Ahimè, mi spezza le dita!) (La ritira presto, lo guarda brusco e dice) adieu.

Enrico

Addio, caro il mio parente!

Regina

(suo parente! Ho capito tutto!) (fra i denti) adieu.

Enrico

Addio, a ben rivederci, signor Reginà.

Regina

(parte arrabbiato e mortificato, facendo dei lazzi e girandosi addietro) (tu possa scoppiare!)